MARCHE – Nel 2017 ogni marchigiano ha avuto in media sulla sua tavola circa 125 chili di cibo proveniente dall'estero.
Tra questi anche quello prodotto con pratiche illegali rispetto alle leggi italiane in materia di tutela del lavoro, dell'ambiente e della salute. Lo afferma Coldiretti Marche su una rielaborazione di dati Istat sulle importazioni nel settore agroalimentare che, nel 2017, hanno toccato nella nostra regione una quota di valore di oltre 445 milioni di euro, in aumento di quasi l'8% rispetto all'anno precedente. Recentemente è stato lo stesso Ministero del Lavoro degli Stati Uniti a mettere all'indice alcuni stati "canaglia" per lo sfruttamento del lavoro minorile ma ci sono anche Paesi che fanno uso massiccio di pesticidi dannosi per la salute e vietatissimi in Italia. Un fenomeno che spinge ben il 43% degli italiani a chiedere di bloccare le importazioni da quei Paesi che non rispettano le regole, secondo un sondaggio Coldiretti/Ixè.
"L’importazione a dazio zero di prodotti ottenuti con lo sfruttamento dell’ambiente e del lavoro è incompatibile con i principi di tutela e responsabilità etica che dovrebbero essere i valori fondanti della Costituzione europea – commenta Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – Il lavoro minorile impiegato, il genocidio di alcune minoranze etniche, l’utilizzo di principi chimici vietati da decenni nel nostro Paese, sono elementi sufficienti per dichiarare la nostra contrarietà a un modello di imposizione commerciale perdente sia per chi dà, sia per chi riceve: nei Paesi che esportano a dazio zero, non c’è reale distribuzione del valore tra gli agricoltori che producono quel bene e continuano ad essere vittime di sfruttamento, e nel contempo, nel nostro Paese, si subisce il paradosso per cui le nostre produzioni di qualità rimangono invendute perché non più presentabili in un mercato saturo di import".
La tavola della vergogna stilata da Coldiretti vede imputati Costa d'avorio, Vietnam, Turchia, Colombia ed Equador dove regna lo sfruttamento del lavoro minorile, mentre Brasile e Thailandia compaiono in questa black list per l'impiego di lavori forzati. Costarica ed Egitto utilizzano oltremisura pesticidi.
I pistacchi dall’Iran presentano aflatossine cancerogene spesso sopra il limiti, stessa cosa per le nocciole e i fichi secchi turchi mentre il riso dalla Birmania è stato espropriato alla minoranza Rohingya, vittima di genocidio. Pratiche che non riguardano solo il sud del mondo ma anche, ad esempio, il Canada per l'uso del glifosato in preraccolta sui cereali, erbicida vietato in Italia. Solo da questi Paesi sono arrivati nel 2017 nelle Marche oltre 63 milioni di euro di prodotti dell'agroalimentare, quasi il 20% in più rispetto al 2016. Cibo che rappresenta, oltre che un danno per il Made in Italy e la qualità espresse dalla nostre aziende, anche un pericolo per l’ambiente e per la salute.