SALUTE E BENESSERE – Un nemico invisibile che si è palesato da qualche settimana modificando radicalmente le nostre vite. Per alcuni è un incubo, per altri se ne sta parlando anche troppo.
Certo è che il Coronavirus ha portato con sé una sorta di isterismo di massa che si sta diffondendo a tutta la popolazione.
Come affrontare un momento di psicosi collettiva di questo genere? Ne parliamo con la psicologa Jessica Zecchini, attiva a Pescara ed in rete con percorsi di psicoterapia online.
Stiamo assistendo alla diffusione del Coronavirus e, con lui, ad una sorta di isterismo di massa: cosa ne pensa della questione?
“Non si può negare che la situazione ad oggi sia diventata rilevante, poiché il virus si sta diffondendo velocemente. Per questo non vorrei sminuire l’importanza del problema perché è giusto ascoltare i racconti del personale medico nelle zone rosse che sono a contatto giornalmente con la sofferenza e la difficoltà nel prestare le loro cure. Vorrei invece far riflettere sul fatto che fenomeni di ansia sociale collettiva possono allargarsi a macchia d’olio in situazioni di questo tipo e possono essere causati da diversi fattori concomitanti come: l’esposizione fisica o visiva a persone che sono state colpite, un livello di allerta generale che si respira ogni volta che si mette il piede fuori di casa, le notizie allarmanti presenti sui giornali per cui le persone tendono a comportarsi in modo ambivalente rispetto al problema, o sottovalutando i rischi oppure sviluppando dei comportamenti eccessivamente fobici.In entrambi i casi, il problema non viene affrontato nel modo giusto, il comportamento viene guidato da emozioni irrazionali che sfuggono al controllo, quando sarebbe giusto riflettere sulla situazione con la dovuta calma.”
In che modo si diffonde una paura nella popolazione? Quali sono le strade che segue per attecchire?
“La paura in una popolazione si diffonde di fronte ad un pericolo reale o immaginario parlandone, i mezzi d’informazione hanno un ruolo potente nel diffonderla. Parlare quotidianamente di un’emergenza sanitaria come il coronavirus e far confrontare l’intera popolazione con la possibilità di morire, significa far leva su una paura emotiva atavica, non razionale, che può avere delle ripercussioni sul comportamento sociale come quello dover trovare a tutti i costi un capro espiatorio o un untore a cui addossare tutte le colpe della situazione attuale. Per questo sarebbe utile riflettere prima di agire e non il contrario. Essere emotivi e farsi guidare dall’impulsività quando si è preoccupati non porta a gestire il problema in modo efficace per se stessi e i propri cari.”
La paura, o la fobia come in questi casi, può essere contagiosa? Ci si può far influenzare da fattori non razionali?
“La paura è già di per sé pericolosa e contagiosa se non viene gestita al meglio. La fobia è la conseguenza di una paura eccessiva esattamente come accade all’ipocondriaco che evita situazioni potenzialmente minacciose. Il problema del fenomeno della paura collettiva è la non razionalità con cui si verifica, dato che le masse non agiscono mai mosse dalla razionalità ma mosse da una minaccia presente nell’ambiente da contrastare con tutti i mezzi a disposizione, ciò può portare a disordini sociali, a episodi di violenza, ad attacchi nei confronti di altre nazioni considerate la causa del problema, al non rispetto delle misure di sicurezza imposte dal governo perché ci si sente al di sopra della legge, fino alla competizione per le risorse per la sopravvivenza dei singoli, vedasi i casi del furto di mascherine negli ospedali o dell’assalto ai treni in partenza dalle zone rosse prima delle misure restrittive.”
Come si dovrebbe affrontare la quotidianità con questa emergenza in atto?
“Seguendo le misure di sicurezza imposte dalle istituzioni e diventando cooperativi e solidali con le persone che sono in difficoltà. Se sappiamo che un nostro amico o vicino è in quarantena cautelativa, bisogna aiutarlo portandogli la spesa, i farmaci o qualsiasi cosa possa essergli utile, non entrandoci in stretto contatto. Solo uscendo dall’individualismo, donando amore e aiuto agli altri, riusciremo a risollevarci.”
Cosa consiglia a chi in questo momento ha un parente che si è ammalato di coronavirus o sta subendo nelle zone rosse una limitazione della libertà personale dovuta alla situazione di emergenza sanitaria attuale?
“Mi sento di portare le persone a riflettere su come vivevano prima che si verificasse tutto questo. Quanto era importante prima svegliarsi la mattina e pensare a far salire il fatturato, a correre senza pensare all’importanza della salute, a come tante cose venissero date per scontate. La vita fa proprio questo a volte dà delle situazioni di crisi per metterci alla prova, momenti in cui devi fermarti e iniziare ad apprezzare solo il fatto che sei ancora vivo o viva e puoi ancora sognare e avere la possibilità di fermarti e guardare cosa c’è di importante intorno a te. Il lavoro è importante e anche la realizzazione, ma senza gli affetti siamo disorientati, senza punti di riferimento. Per questo bisogna fermarsi e ridare priorità alla salute, alla vita, all’amore e alle relazioni, perché solo aiutando chi amiamo stiamo realizzando lo scopo di questa vita”.