Giuseppe Conte ha detto “non c’è un piano per un lockdown imminente” – parlando con i sindacati, il premier ha smentito, definendole fake news, le voci su una stretta a breve termine.
“Diamo il tempo alle misure restrittive appena approvate di dispiegare appieno i loro effetti”, ha detto il premier.
Attendere quindi, con l’obiettivo di riportare la curva “sotto controllo” e provare a riaprire, cautamente, entro Natale.
Ma, in barba alle sue parole, si torna a parlare di un lockdown entro il 9 novembre, con voci che si rincorrono su un nuovo Dpcm in arrivo con chiusure “soft”. Che poi, cosa significhi soft, è ancora tutto da scoprire.
Il Messaggero di oggi, in un articolo a firma di Alberto Gentili, spiega che “se la curva dei contagi non dovesse stabilizzarsi il piano per il lockdown dovrebbe scattare da lunedì 9 novembre e durare fino a metà dicembre per salvare almeno il Natale. Secondo il quotidiano non è nemmeno escluso che i piani dell’esecutivo vengano anticipati in caso di peggioramento repentino della situazione”.
Salvo peggioramenti, dunque, che potrebbero portare a chiusure dal due novembre. Quali?
Ecco un’idea di lockdown:
Anche La Stampa fissa la data del prossimo lockdown al 9 novembre. La data cerchiata sul calendario è il 6 novembre, ogni venerdì arriva il rapporto dell’Iss, che dà il quadro della situazione.
E il sabato potrebbe uscire un nuovo Dpcm con effetto dal 9 novembre: “In quel caso – aggiunge il giornale – c’è chi vede pure la prospettiva di un governo di salute pubblica farsi largo, dopo l’appello di Zingaretti a coinvolgere le opposizioni”.
In tutto ciò le risposte date da Conte ai sindacati hanno il sapore di una smentita preventiva di questo piano.
Oppure di un modo per mantenere gli animi calmi.
Una constatazione che riecheggia nel titolo dell’intervista rilasciata da Agostino Miozzo al Corriere della Sera: “Rispettare le regole per due settimane o si chiuderà tutto». Questo perché per il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico ci vorranno “almeno due settimane, poi saremo pronti per decidere se abbiamo raggiunto il limite non compatibile e si deve passare ad un intervento più radicale come quello che abbiamo già dolorosamente sperimentato a marzo e aprile”.