Il Crodino lascia lo storico stabilimento, simbolo della piccola città per più di mezzo secolo ma la produzione resta in Italia
Alcuni prodotti sono intrinsecamente legati al territorio d’origine che se non fosse stato per la diffusione del marchio, probabilmente i più mai avrebbero conosciuto quel posto. È il caso della nota bevanda analcolica Crodino che prende il nome da un piccolo Comune, Crodo, che sorge in una piccola provincia, Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte. Ora i crodesi, come si chiamano i residenti, hanno perso “l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo”, riprendendo il famoso slogan pubblicitario.
È qui, nel cuore della valle Antigorio, che nel 1965 è stato inventato il Crodino con il quale tutti almeno una volta abbiamo fatto un aperitivo a marchio Campari (a tal proposito, qui la classifica degli aperitivi più venduti al mondo) che quest’anno è in scadenza. Dopo quasi sessant’anni finisce l’idillio tra il territorio e quella grande industria. I motivi, ovviamente, sono prettamente economici con la produzione spostata altrove, a Novi Ligure.
Jan Ankersen, senior vp South Europe di Royal Unibrew, la società danese che dal 2017 ha acquistato il sito produttivo piemontese (ma non il brand Crodino) ha dichiarato che ha fine anno ci sarà lo stop della produzione. Il primo pensiero va ai lavoratori. Ci saranno gravi ripercussioni occupazionali? Pare di no. Quando la Campari ha venduto lo stabilimento di Crodo, ha consegnato tutti i marchi della fabbrica, tranne il Crodino che è rimasto di proprietà Campari.
Successivamente, grazie a un accordo tra le due società, una percentuale dell’analcolico è stata ancora prodotta a Crodo dai danesi per conto di Campari, ma il marchio è sempre rimasto Campari. Quindi ci sarà ancora lavoro per le altre produzioni. Ma purtroppo siamo abituati che le prospettive positive, non sempre si realizzano.
“Negli ultimi due anni abbiamo raggiunto il record di produzione e per fare fronte a questa crescita”, ha aggiunto Ankersen, e per il 2025 secondo le previsioni ci sarà il raddoppio della produzione di Oransoda e Lemonsoda con la programmazione delle nuove lattine. Ora sono 60 i lavoratori dello stabilimento e sempre secondo le parole del manager, potrebbero esserci nuove assunzioni.
Al momento l’unica consolazione è che la produzione resta in Italia, a poco più di 200 Km, sperando che la cittadina in Piemonte non patisca gli effetti della disoccupazione.