MARCHE – Lo spunto è rappresentato dai dati Ice relativi all’export marchigiano, cresciuto del 7,5% nel 2014 e con oltre 12 miliardi di euro di vendite all’estero.
L’obiettivo, però, è quello di rilanciare le politiche dell’internazionalizzazione della Regione, ampliando i mercati di sbocco e il coinvolgimento delle imprese nella predisposizione delle strategie. Con una novità per il prossimo anno: la realizzazione di un’Agenzia unica per lo sviluppo regionale costruita attorno ai pilastri dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e dell’europrogettazione. Sono le conclusione della conferenza stampa indetta dall’assessora all’Internazionalizzazione Manuela Bora, alla quale hanno partecipato il prorettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori e i rappresentati delle categorie produttive, presenti con il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli (accompagnato dal direttore Bichisecchi) e il direttore di Confartigianato Marche, Giorgio Cippitelli. “I dati del 2014 sono positivi ma non ci accontentiamo, perché vogliamo e possiamo fare di più. Abbiamo migliorato la nostra incidenza sull’export italiano, attestandoci su una quota del 3,6%, ma è diminuito il numero di operatori all’estero. I segnali del 2015 evidenziano delle criticità da analizzare e monitorare – ha commentato l’assessora Bora – Vogliamo iniziare una nuova politica di internazionalizzazione, che sia diffusa e proattiva, cioè che interessi tutto il territorio regionale e che chieda alle imprese di accettare quelle sfide che l’era globale impone, quali l’innovazione, la dimensione, il passaggio generazionale, la cultura manageriale, la formazione e valorizzazione del personale , il marchio (brand), la necessità di costruire relazioni forti con i propri clienti (acquisendo notorietà anche attraverso i social), la necessità di costruire una rete distributiva forte che possa aiutare a posizionare al meglio i nostri prodotti”. Per fare questo l’assessora ha lanciato la proposta di avviare dei Centri di imprenditorialità diffusa, uno per ogni provincia, che verrà discussa nelle prossime settimane.
Secondo il prof. Gregori, “il concetto di internazionalizzazione è più ampio dei dati di un rilevazione statistica. Coinvolge questioni non solo mercantilistiche, di vendite realizzate, ma la struttura stessa della modalità imprenditoriale. Le Marche registrano 153 mila imprese attive, ma l’85% sono piccole o micro attività. Non abbiamo un tessuto significativo di medie imprese, più strutturate, in grado di ammortizzare gli effetti della crisi russa con la presenza su altri mercati. Bisogna portare più imprese possibili verso il mondo e la politica, con le proprie scelte, può fare molto. Le Università, invece, possono investire sulla formazione del capitale umano, per favorire una maggiore presenza di personale qualificato all’estero”. L’importanza della formazione è stata ripresa anche da Bucciarelli che ha poi evidenziato la necessità di una regia unica nell’internazionalizzazione, dove le associazioni produttive possano “avere voce in capitolo nel delineare le strategie. Occorre un interlocutore unico in materia di internazionalizzazione per definire e coordinare meglio gli interventi nell'interesse delle imprese, con il contributo fattivo delle Associazioni di categoria. Occorre aumentare nella nostra regione la quota degli esportatori abituali che trovano nei mercati internazionali quella spinta alla crescita, che purtroppo è ancora latente sul mercato interno. Siamo la settima regione per propensione all'export delle imprese, ma dobbiamo migliorare ancora e possiamo farlo, perché le nostre produzioni sono di alta qualità, apprezzate nel mondo e quindi con grande potenziale nei mercati in crescita. Rimane da risolvere il problema delicato del mercato russo, di grande rilievo per alcuni settori trainanti”.
Le scelte e le azioni politiche sull’internazionalizzazione di lungo periodo, ha evidenziato Cippitelli, non devono prescindere dalla formazione, ma è necessario agire anche nell’immediato, lavorando per ampliare il numero delle imprese sul mercato internazionale. “Oggi, alcuni Paesi rappresentano il 70% della destinazione dell’export italiano e marchigiano: quindi scelte immediate, prioritarie e concentrate. Bisogna ampliare gli orizzonti internazionali da esplorare. Occorrono una visione e una strategia unica di approccio e decisione, utilizzando le esperienze maturate sin qui, anche in linea con le scelte del Governo nazionale, ad esempio un tavolo unico di coordinamento, che pianifichi un piano triennale condiviso tra tutte le istituzioni e le organizzazioni produttive, a sostegno delle imprese all’export”.
Secondo le rilevazioni 2014 dell’Ice, il valore delle esportazioni marchigiane ha registrato un aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente. Le Marche sono la quarta regione per crescita dell’export in rapporto alle altre regioni italiane. A livello nazionale presentano una quota di mercato del 3,2%, in crescita sull’anno precedente. Tra le province, è quella di Ancona a mostrare l’importo più elevato, ma è Ascoli Piceno a registrare la crescita maggiore, dovuta, in modo particolare, all’esportazione dei prodotti farmaceutici. Belgio, Germania e Francia sono da molti anni i primi tre Paesi di esportazione delle Marche. Stati Uniti e Russia sono destinazioni importanti che tuttavia, nell’ultimo anno, rallentano: in particolare la Russia ha diminuito del 17% l’acquisto di prodotti marchigiani, pur rimanendo la prima destinazione del calzaturiero. Si segnalano aumenti, invece, nelle esportazioni verso la Turchia, gli Emirati Arabi, l’India e l’Arabia Saudita. Il 2014, comunque, sembra orientare le esportazioni marchigiane sui Paesi dell’Ue, verso i quali si esporta il 61% del totale, con un incremento del 12%. I mercati extra Ue rappresentano il 38%, con un lieve aumento rispetto al 2013. Osservando i Continenti, l’Europa riceve il 74% delle merci marchigiane in uscita, l’Africa il 4%, l’America (nel suo complesso) acquista quasi il 9% delle nostre produzioni, mentre un buon 12% del totale viaggia verso l’Asia.