MACERATA – La laurea honoris causa a Don Vinicio Albanesi.
“Rovescia i paradigmi dei percorsi formativi e fa vivere nella stessa aula i presunti abili e le persone con disabilità, rovescia e mette in contatto diversi linguaggi, diverse emozioni, diverse storie per fare dell’università il luogo della libertà, parità, eguaglianza, inclusione nella loro forma più sostanziale”.
E’ il quadro tracciato dal rettore Francesco Adornato questa mattina all’apertura della cerimonia con cui il prestigioso riconoscimento è stato conferito a “un uomo di Chiesa e del Sociale”, come lo ha definito la professoressa Catia Giaconi durante la sua laudatio. In tanti sono accorsi a rendere omaggio al neo laureato in scienze pedagogiche, anche dalla Comunità di Capodarco di Fermo, almeno in cinquanta, insieme a docenti, autorità, studenti. “Un aspetto qualificante l’opera di Don Albanesi è la sua intuizione che il fenomeno dell’emarginazione non fosse una questione strettamente connessa alla disabilità fisica, ma più vasta a livello sociale” ha sottolineato Catia Giaconi, ricordando le emergenze affrontate da questo “prete di strada, come la disabilità fisica, la tossicodipendenza, i cosiddetti “ex manicomiali”, l’accoglienza dei minori non accompagnati, il “Dopo di noi”, estendendo l’assetto pedagogico della Comunità di Capodarco di Fermo anche fino in Albania, Ecuador, Camerun, Guatemala, Kosovo e Brasile.
Alla fine, la sua raccomandazione. “All’inizio prevalevano buona volontà e buon senso. Col tempo si sono intensificate le professionalità. Ma non dimentichiamo le prime: comprensione, sollecitudine, benevolenza, cortesia, mitezza, gratuità, gratitudine, perdono, testimonianza, paternità, maternità, fratellanza, aiuto economico e tempo. La povertà più grande che esiste – ha concluso – è non avere a disposizione il proprio tempo, perché significa che la tua vita la metti a disposizione degli altri”.