CALCIO – Cristian Manfredini, veloce esterno ex Chievo, Fiorentina, Genoa e Lazio, è stato ospite questa settimana a Potenza Picena per lo svolgimento del camp dell’Associazione Italiana Calciatori.
Insieme a lui, a gestire le giornate ludico-sportive dei ragazzi iscritti, anche i mister Veronica Brutti (ex calciatrice nazionale italiana di calcio e attualmente istruttrice attivita' di base Hellas Verona) e Cristian Cantarelli (responsabile attivita' di base Chievo Verona). Al termine della seduta mattutina di ieri L’Indiscreto ha avvicinato Manfredini che, con elegante disponibilità, ha ripercorso alcune tappe della sua carriera, compresa l’annata di Fermo.
“Nelle Marche mi sono sempre trovato benissimo – ha detto Manfredini – ricordo con piacere l’anno di Fermo quando arrivai in prestito dalla Juventus. Avevo bisogno di giocare e mettermi in mostra, era il mio trampolino di lancio e da lì è iniziata la mia carriera. Non ho rimpianti, forse potevo fare qualcosa di più ma va bene così. Ho giocato in piazze importanti come Firenze, Genoa e Roma. Ricordo ancora il clima alla Lazio, soprattutto nei giorni precedenti ai derby contro i giallorossi. In passato la società biancoazzurra ha avuto qualche problema con alcune frange razziste della tifoseria ma, personalmente, questo problema non l’ho avvertito. Certo che, rispetto a Verona ed esempio, era tutto un altro mondo. Al Chievo eravamo una grande famiglia, alla Lazio era come un’azienda e potevi permetterti di sbagliare pochissimo. I tifosi erano molto caldi e, rovescio della medaglia, venivano perdonati pochi errori. Oggi gestisco una Scuola Calcio e collaboro con l’A.I.C., mi piace lavorare con i ragazzi e un giorno vorrei coordinare un settore giovanile. Sicuramente sono molto cambiati i tempi rispetto a prima, oggi ci sono molte più distrazioni e gli stessi giovani prendono il calcio con meno serietà. Per sfondare servono qualità tecniche ma anche umane, quello che consiglio ai ragazzi è di lavorare sodo ma, soprattutto studiare. La scuola è una certezza, mentre il calcio è un sogno che dipende da molti fattori affinchè diventi una professione”.
Sulla stessa linea d’onda Brutti e Cantarelli:”Lavorare con i giovani è bellissimo ma impegnativo – dicono i mister – bisogna capirli e indirizzarli nel verso giusto. L’A.I.C. ha una funzione educativa oltre che sportiva, non bisogna mai dimenticarsi che parliamo di bambini e non calciatori, che devono divertirsi imparando”.