Il boss arrestato dopo più di 30 anni di latitanza, ammette dinanzi ai gip di non aver ammazzato il giovane Giuseppe
È stato uno degli omicidi più incredibili e vergognosi della storia mafiosa italiana. Accade nel 1996, vittima il piccolo Giuseppe Di Matteo, aveva solo la colpa di essere il figlio di un pentito, il padre Santino Di Matteo.
Si cerca sempre di venire a capo di tutti gli illeciti ed imbrogli di questo boss che ha nascosto la sua figura, senza mai esser pescato dalle forze dell’ordine. Il suo barbaro omicidio non giustificherà mai i movimenti di mafia che da oltre 30 anni sporcano la figura dell’Italia.
Il boss Matteo Messina Denaro, interrogato dal gip Alfredo Montaldo, ha chiaramente espresso di non aver assassinato il piccolo Giuseppe Di Matteo, che all’epoca aveva solamente 12 anni. Come evidenziato dall’ex capo mafia, il bambino, fu rapito il rapito il 23 novembre 1993, nei pressi del maneggio di Villabate, dove amava andare a cavallo.
Cosa Nostra, rapinando il piccolo, tentò di estorcere suo padre Santino, facendolo ritrattare su ciò che stava confessando alle forze dell’ordine. Come ha ammesso Matteo Messina Denaro, Giuseppe, fu rinchiuso tra Palermo, Agrigento e Trapani. Giuseppe, trascorse, un certo periodo nella casa di un amico fidato di Denaro, ossia Giuseppe Costa nel paesino di Campobello di Mazara.
Il piccolo trascorse circa 2 anni tra casolari, rinchiuso senza mai vedere i propri genitori. Dopo due anni di sofferenze e disperazione, il giorno dell’11 gennaio 1996 Giuseppe Di Matteo fu ucciso, strangolato e sciolto nell’acido.
Chi fu? Come sostiene il boss Matteo Messina Denaro, non fu lui, bensì Giovanni Brusca, che dal carcere ordinò ai suoi fedelissimi di ammazzare il povero bambino. Di lui non è mai stata trovata alcuna traccia.
Un semplice bambino, che ha dovuto pagare con la vita, una punizione che il boss ha dato a suo padre, colpevole di “parlare troppo”.
Sappiamo come funzione nel mondo delle attività mafiose e non solo, se non rispetti, colpiscono la famiglia, con omicidi e ricatti.
Intatto Matteo Messina Denaro, dal carcere de L’Aquila, continua la sua cura con farmaci e chemioterapie.