ECONOMIA – Chiude i battenti quest'oggi il Micam ma si può già stilare un primo bilancio provvisorio sull'andamento di questa 86esima edizione della fiera della calzatura di Milano.
Se alla vigilia della trasferta meneghina tra gli imprenditori serpeggiava una certa dose di sfiducia e di rassegnazione, nei primi tre giorni del salone non sono emersi segnali netti di inversione di tendenza tali da rinvigorirne gli animi: la gente tra gli stand non manca, il brand Micam da questo punto di vista sembra ancora tenere, ma tra i buyers a farla da padrona è la cautela negli ordini e per le aziende i veri segnali positivi arrivano più che altro dai clienti “storici”, che confermano la propria fiducia.
“Finora le sensazioni sono in chiaroscuro – è l'analisi di Gianluca Mecozzi , titolare del calzaturificio Gianros e portavoce regionale e territoriale del settore calzature di Cna Federmoda – di gente come sempre se ne vede molta, le presenze sono tante così come la curiosità, ma c'è altrettanta paura negli ordini”. Ovviamente chiara a tutti è la sofferenza che vive la calzatura di lusso, con il mondo dell moda che si sta orientando sempre più verso le sneakers, cioè verso prodotti tecnicamente alla portata di tutti, penalizzando proprio quella scarpa di alta qualità che è il simbolo del know how artigiano. Secondo Mecozzi, però, seguire la concorrenza sui binari a lei più congeniali non porta da nessuna parte: “ In questo periodo il cliente non guarda tantissimo alla qualità, è vero, ma al look e alla vendibilità – spiega -. In ogni caso è inutile scopiazzare i marchi del momento perché con quelli stranieri non siamo competitivi a causa del prezzo della manodopera: meglio quindi puntare sulla propria identità e sui prodotti conosciuti e apprezzati da quella parte di clientela più fidelizzata ”.
“La conferma dei clienti storici è senza dubbio un fattore importante – conferma Giammarco Ferranti , responsabile di Federmoda Fermo-Macerata – ma in fiera non si sono viste molte “facce nuove” e quindi non c'è ancora un ritorno a quantitativi e commesse che possano essere indice di tranquillità e di ripresa: il mercato continua ad essere contratto e gli acquirenti fanno molti ragionamenti sulle tempistiche e sulla quantità di acquisti” .
In questi giorni milanesi dei temi cari al mondo del distretto fermano-maceratese si è discusso molto anche a livello politico: lunedì il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha incontrato tra gli altri anche il Presidente dei Calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico Enrico Ciccola, che ha messo nuovamente sul tavolo le richieste degli imprenditori, in primis quella connessa al Made In. Presente nella giornata di lunedì anche l'assessore regionale al commercio Manuela Bora che, insieme al Presidente della Camera di Commercio di Fermo Graziano Di Battista, al numero uno di Cna Marche Gino Sabatini e al segretario delle Camere di Commercio di Ascoli e Pesaro-Urbino Fabrizio Schiavoni, ha fatto visita allo stand del Presidente di Cna Fermo Paolo Silenzi , dal quale è arrivato, oltre che un nuovo appello a fare squadra rivolto agli imprenditori e alle associazioni di categoria, anche l'invito a pensare alla scarpa come qualcosa di più rispetto a un “semplice” prodotto finito.
“ Una calzatura realizzata in un territorio come il nostro ha un valore aggiunto – sono le sue parole -. La scarpa deve esserne una sorta di ambasciatrice, dobbiamo cominciare a ragionare oltre il semplice prodotto finito proponendo una vera e propria esperienza del territorio. Fino ad ora ai clienti abbiamo semplicemente sottoposto una calzatura estrapolata dal suo contesto di origine, adesso invece vogliamo che vengano nelle nostre terre per capire dove nasce il savoir fare che ci contraddistingue: vorremmo che i buyers diventassero al tempo stesso anche turisti che possano toccare con mano tutto ciò che rende il nostro un territorio d'eccellenza”