SPORT – Mercoledì 27 giugno 2018: una data che rimarrà impressa nella memoria di Emanuele Trementozzi.
Alle 22.15, infatti, presso la palestra Energym, il fischio d’inizio gara è stato il millesimo in carriera per il trentacinquenne arbitro colleferrino, da oltre sedici anni trapiantato nelle Marche. Un’avventura, quella arbitrale, iniziata tantissimi anni fa con i tornei interclasse al Liceo Marconi di Colleferro e che, nella serata di ieri, ha raggiunto il primo storico obiettivo. Una passione, quella per la divisa nera, che ha affrontato duri ostacoli e combattuto, negli anni, vergognosi pregiudizi.
“Essere definito nano, ridicolo o inadeguato al ruolo perché basso di statura – dice Trementozzi – non ha fatto altro che motivarmi e darmi la forza per abbattere ogni forma di discriminazione. Ho promesso a me stesso, tempo fa, che mai e poi mai, nessuno, avrebbe potuto fermarmi e così è stato. Essere arbitri significa coltivare un senso di giustizia e rispetto, onorando quella maglia che tanto mi ha dato. E, per essere arbitri, non serve essere alti di statura ma di grande spessore umano. Ho dedicato la mia vita al calcio, allo sport e ho tagliato questo traguardo dirigendo un torneo che ha visto scendere in campo ragazzi di serie D, Eccellenza e, come nel caso di Davide Mordini, di serie B. Ma, soprattutto, ho potuto festeggiare con due new entry del Gruppo Arbitri Marche, Danilo Napoleoni e Francesco De Lucia, usciti da un corso di formazione organizzato con il responsabile Joris Verrucci e questo è l’orgoglio più grande. Non poteva esserci annata migliore per brindare alle mille gare arbitrate: è stato l’anno della nascita dei campionati TEC, della crescita del gruppo arbitrale che ha raggiunto le 18 unità effettiva in tre mesi, l’anno in cui è nata La Boca Sette Colli. Un 2018 duro ma memorabile, che ricorderò per sempre. Come non dimenticherò mai chi, lo scorso anno, mi comunicò che ero precluso da una fase nazionale perché troppo basso. In quel momento è uscito fuori il vero Emanuele Trementozzi: testardo, combattivo, determinato e voglioso di dimostrare al mondo che per arbitrare non serve essere alti un metro e ottanta ma essere all’altezza. E, con sacrificio e umiltà, ieri ho esaudito un sogno. Spero che il mio sia un esempio per tutti coloro che, derisi e ostacolati, si arrendono alla prima occasione. Non mollate ragazzi, in ogni ambito della vita, perché i veri centimetri che contano sono quelli che misurano l’intelligenza e non la lunghezza delle gambe. Quelle servono per correre lontani e basta, ma talmente lontani da farlo mille volte contro tutto e tutti. Il mio ringraziamento va alla mia famiglia: a papà Davide, mamma Lucia e mio fratello Matteo, che sempre mi hanno sostenuto. Agli amici e a tutti quei giocatori che, anche dopo un errore, mi hanno abbracciato e stretto la mano. A tutti i ragazzi del Gruppo Arbitri Marche che, in questi mesi, hanno fatto in modo che si creasse una vera e propria famiglia. E, infine, a tutti i miei detrattori: a loro, a testa altissima, i miei personali complimenti per aver fallito ogni giudizio sul mio conto. E, se è vero che uno su mille ce la fa, io rappresento quei 999 che, prima o poi, con le proprie forze, ce la faranno”.