SAN SEVERINO – “Solidali con la signora che, a quasi ottant’anni, viene invitata a lasciare il tetto sotto il quale vive da una quarantina ma il Comune, ancora una volta, è mero esecutore di disposizioni che arrivano da altri".
A parlare è il sindaco di San Severino Marche, Cesare Martini. "Sono solo primo cittadino di cittadini ormai indignati quanto me. Da sindaci – dice – ci troviamo ad essere esattori per conto dello Stato quando ci sono da riscuotere le tasse, ospitalieri nell’accogliere profughi e migranti che ci vengono mandati senza alcun coinvolgimento e preavviso dalla sera alla mattina, pacieri nelle beghe quotidiane con le quali neanche più i giudici vogliono confrontarsi. Condivido l’appello di Marco Chiarotti nei confronti della mamma. Me ne sono fatto portavoce, quel caso anche per me andava valutato e questo ho chiesto”. si dice “indignato di fronte a una legislazione che non consente valutazioni caso per caso. Ma anche impotente. Io personalmente, insieme all’assessore ai Servizi Sociali e vice sindaco, Vincenzo Felicioli, ho tentato di intervenire e trovare una soluzione ma non c’è stato nulla da fare. Per la legge non conta tanto il reddito dell’anziana quanto quello del nucleo familiare. Risulta, infatti, che una sua figlia, che lavora e che ha un reddito, sia convivente con lei. Ciò porta a un Isee, che è l’indicazione della situazione economica, tale per cui l’inquilina è stata segnalata dall’Erap e quindi inviata, come d’obbligo di legge, a lasciare la casa di via Aldo Moro dopo un adeguamento del canone d’affitto che è arrivato a raggiungere i 450 euro mensili proprio per l’avvenuta perdita della qualifica di assegnataria della casa popolare. Nonostante il pagamento di un canone così elevato per legge ciò non è sufficiente a chiudere l’iter che sta portando oggi allo sfratto. In queste ore ho raccolto anche la proposta di alcuni cittadini che si sono detti disponibili ad affittare una casa per cifre molto inferiori ma la signora Teresa vorrebbe restare lì dov’è perché è lì che da quarant’anni vive, fra quelle quattro mura ha i suoi riferimenti, in quel palazzo le sue amicizie e, giustamente, da lì non vorrebbe muoversi”. La famiglia Germoni – Chiarotti ha presentato anche ricorso al tribunale ma per il giudice non ci sono le condizioni per procedere diversamente e, dunque, non vi sono soluzioni alternative. “Siamo impotenti – spiega ancora il sindaco Martini – ma il giudice ha indicato un percorso. Noi, come Comune, siamo disponibili a trovare ancora delle soluzioni ma non spetta a noi questo compito. I sindaci non possono dare un alloggio a proprio piacimento, c’è una convinzione piuttosto comune che questo possa avvenire ma così non è assolutamente. Non sono i Comuni, né tanto meno i sindaci, che stilano graduatorie, che legiferano. Mi auguro che per questo caso umano, così come per altri casi, altrettanto umani, – conclude il sindaco Martini – ci siano solo tanta umanità e comprensione”.